martedì 12 aprile 2011

Riconversione del Don Uva, il Direttore generale pronto a incatenarsi ancora

Fonte: BisceglieLive.it



Ci vuole coraggio per tenere le redini di un istituto ospedaliero privato che da anni vive sul filo del rasoio. Mancata riconversione degli istituti ortofrenici, mancato adeguamento delle rette: problemi nuovi e vecchi si accavallano, per la Casa della Divina Provvidenza, a danno dei pazienti, dei 1.160 dipendenti e dell’intera città.
Questo coraggio, dopo anni di missive cadute nel vuoto, il Direttore Generale dell’opera Don Uva, dott. Dario Rizzi, ha dimostrato di averlo. Dopo essersi incatenato una prima volta in segno di protesta per la mancata apertura dell’Hospice don Uva, ora si dice pronto nuovamente alle catene, se la riconversione degli istituti ortofrenici di Bisceglie e Foggia non verrà attuata in tempi brevi.
E’ nel 1999 (deliberazione n. 380/99) che il Consiglio Regionale deliberò il superamento degli ospedali psichiatrici, dettando le regole per la riconversione della Casa della Divina Provvidenza. Le linee guida regionali prevedevano il rientro del “residuo manicomiale” nei rispettivi comuni di provenienza e l’implementazione a Bisceglie di una RSA da 120 posti letto, una RSA geriatrica da 120 posti letto, una unità Alzheimer da 60 posti letto, una unità di Riabilitazione Intensiva con 35 posti letto per la riabilitazione cardiorespiratoria ed altrettanti per la riabilitazione neuromotoria, più una unità di pneumotisiatria da 20 posti letto (mai realizzata).
A 12 anni dall’emanazione della norma, non solo le RSA non sono mai state attivate, anche se pronte all’inaugurazione, ma non si è mai provveduto alla riconversione dell’ortofrenico.
«I conti della Casa della Divina Provvidenza – ha spiegato il dott. Dario Rizzi nella conferenza stampa di lunedì 11 aprile - iniziano ad essere pesantemente negativi. Il 50% dei pazienti dell’Opera appartiene all’Ortofrenico, un nosologico che esiste ormai solo in Puglia, a Bisceglie e Foggia. I pazienti dell’ortofrenico dovevano essere reinquadrati dalla Regione già nel ’99, in quanto pazienti non psichiatrici bensì portatori di Alzheimer o utenti con problematiche psicofisiche e sensoriali, per i quali era previsto un re inquadramento in vista dell’attuazione del “progetto-Obiettivo”. Il progetto, nei fatti, non è mai andato in porto, eccetto che per le verifiche iniziali, effettuate nel lontano ottobre 2007 dalle commissioni Asl competenti. Il motivo di questi gravi ritardi è probabilmente da addursi al fatto che la riconversione avrebbe comportato un miglioramento delle rette (che sarebbero più alte in media del 60-70%) e che la Regione da dieci anni a questa parte non ha effettuato alcuna riqualificazione, nonostante gli stipendi ai dipendenti siano stati da noi riqualificati due volte. Il disagio che stiamo vivendo non è dunque solo di natura morale: i livelli occupazionali attuali dell’Opera Don Uva, a queste cifre, stanno diventando insostenibili».
Il prossimo 18 aprile (una riunione già prevista per l’8 aprile scorso e poi rinviata) i rappresentanti delle organizzazioni sindacali Cgil, Cisl, Uil, Ugl Sanità, Usspi, Cimo, Fials e Pro.Sa.R. incontreranno i direttori generali delle Asl Bt e Foggia e l’Assessore alla Sanità dott. Tommaso Fiore per discutere delle problematiche occupazionali e assistenziali dell’Ente Ecclesiastico.
Se il tavolo delle trattative non dovesse portare a risultati apprezzabili il Direttore dott. Rizzi non esclude l’ipotesi di ripetere il gesto di protesta del 22 marzo scorso
Francesco Di Reda
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