lunedì 28 novembre 2011

Barnard a Berlusconi: per il nostro bene, non si dimetta | LIBRE

Fonte : | LIBRE

Troppo tardi...

«Presidente Berlusconi, per il bene dell’Italia non si dimetta». Firmato: Paolo Barnard. Autore di un drammatico appello al premier ormai uscente: l’Italia in queste ore è vittima di un «colpo di Stato finanziario di proporzioni storiche», per usare una definizione dell’economista americano Michael Hudson. «Le famiglie italiane e il Suo governo non devono pagare per colpe non loro», scrive Barnard a Berlusconi: «Lei deve dire alla nazione ciò che sta veramente accadendo, e chi ci ha condotti a questo dramma». E’ un piano franco-tedesco, dice Barnard, pensato fin dal lontano 1943 con un unico obiettivo: colpire l’Europa del Sud a beneficio di quella del Nord.
Giornalista già a fianco di Santoro all’epoca di “Samarcanda” e poi della Gabanelli con “Report”, Paolo Barnard è divenuto una delle massime voci Paolo Barnardcritiche, in Italia, contro quella che considera una “resa” all’euro, propiziata dal centrosinistra, a esclusivo vantaggio dell’élite finanziaria mondiale. Tra gli ispiratori della protesta americana “Occupy Wall Street”, Barnard collabora da anni con il gruppo di macroeconomisti del Levy Institute Bard College di New York sulla crisidell’Eurozona, sotto la guida del professor Randall Wray dell’Università del Missouri Kansas City, che coordina altri 10 colleghi inglesi e australiani. Con una lettera-appello pubblicata l’11 novembre, Barnard esortaBerlusconi a «salvare la nazione» ricordando che l’Euro «fu disegnato precisamente per affossare gli Stati del sud Europa, fra cui l’Italia».
Dalle pagine del “Financial Times”, del “Wall Street Journal” e persino del “New York Times”, da mesi economisti del calibro di Martin Wolf, Joseph Stiglitz, Paul Krugman, Nouriel Roubini e Marshall Auerback stanno suggerendo all’Italia la via d’uscita, come hanno fatto il professor Alain Parguez dell’Università di Besançon e altri economisti come Mosler, Tcherneva, Hudson e lo stesso Wray. Nel dettaglio, aggiunge Barnard, i migliori macroeconomisti del mondo hanno scritto che l’Italia è stata «condannata a un’aggressione senza precedenti, da parte dei mercati, dall’operato dei governi di centrosinistra» che hanno preceduto Berlusconi, Joseph Stiglitz«poiché essi hanno portato il nostro Paese nel catastrofico costrutto dell’Eurozona».
L’Euro, continua Barnard, fu pensato nel 1943 dal francese François Perroux con il dichiarato intento di «togliere agli Stati la loro ragion d’essere». La moneta unica è infatti un progetto franco-germanico da quasi mezzo secolo, sviluppato da uomini-chiave come Attali, Delors, Issing e Weigel, «col fine di congelare le svalutazioni competitive d’Italia e Spagna, e col fine di deprimere i redditi del sudEuropa per delocalizzare in esso manodopera industriale per l’esclusivo vantaggio del Neomercantilismo franco-tedesco». Specificamente, «la moneta unica esclude un prestatore di ultima istanza sul modello Federal Reserve Usa, proprio per portare la sfiducia dei mercati sui debiti dell’Eurozona», che non sono più sovrani, dato che l’Euro «è moneta che ogni Stato può solo usare, non emettere, e che ogni Stato deve prendere in prestito dai mercati di capitali privati che lo acquisiscono all’emissione».
L’Euro è «moneta di nessuno, non sovrana per alcuno», e rappresenta la distruzione del fondamento più importante della macroeconomia di Stato, che è l’“Ability to pay”, cioè la capacità di uno Stato di onorare sempre il proprio debito emettendo la propria moneta sovrana. L’attuale aggressività dei mercati contro il nostro Paese (ed altri) è dovuta in larghissima parte proprio alla loro consapevolezza della nostra perdita di “Ability to pay”, la cui presenza è infatti l’unica rassicurazione che può calmare i mercati. Motivo per il quale il Giappone dello Yen sovrano, che registra il 200% di debito/Pil, non è da essi aggredito e ha inflazione vicina allo 0%. Motivo per François Perrouxcui l’Italia della Lira sovrana mai si trovò in condizioni simili al dramma attuale, nonostante parametri ben peggiori di quelli oggi presenti.
Le misure “lacrime e sangue” vengono imposte «proprio perché il nostro debito pubblico non è più sovrano, a causa dell’adozione di una moneta non sovrana». Infatti, ogni spazio di manovra del governo (più crescita, meno debito) è stato annullato dall’adozione della moneta unica, che l’Italia non può emettere come invece fanno Usa o Giappone. «Si tratta di una perdita di sovranità governativa senza precedenti». L’Euro e i Trattati europei che l’hanno introdotto, «sbandierati a salvezza nazionale dal centrosinistra», oggi stanno «umiliando l’Italia, nazione che ha uno dei risparmi privati migliori del mondo, 9.000 miliardi in ricchezza privata, una capacità industriale invidiata dai G20, banche assai più sane della media occidentale, e parametri di deficit che sono inferiori ad altri Stati dell’Eurozona».
Berlusconi? «Sarà il capro espiatorio», mentre gli italiani soffriranno «conseguenze devastanti per generazioni». Di qui l’appello al premier: «Lei deve e può denunciare pubblicamente la realtà di questa moneta disegnata per fallire. Lei può e deve smascherare le responsabilità del centrosinistra italiano e dei governi “tecnici” in queste scelte sovranazionali catastrofiche». Barnard comunica aBerlusconi che il team di macroeconomisti accademici del Levy Institute Bard College di New York e dell’Università del Missouri Kansas City, quelli che hanno strutturato il piano Jefes che ha resuscitato l’Argentina, scuotendola dal default fino a farla diventare una delle economie più in crescita del mondo, sono a disposizione Berlusconiper definire una strategia capace di salvare l’Italia da «un destino tragico e che non meritiamo».
Mai stato un elettore di Berlusconi, chiarisce Barnard, che avrebbe «cose dure da dire» sul segno che la “discesa in campo” del Cavaliere ha lasciato in Italia. «Ma non sono un cieco fanatico vittima della cultura dell’odio irrazionale che ha posseduto gli elettori dell’opposizione in questo Paese», aggiunge Barnard, che definisce «falsari ideologici disprezzabili» editorialisti come Eugenio Scalfari e Paolo Flores d’Arcais e «scherani mediatici» giornalisti come Santoro e Travaglio. «Mi ripugna che Lei sia bollato come il responsabile di colpe che Lei non ha – dice Bernard a Berlusconi – e che sono tutte a carico del centrosinistra italiano. Incolpare un innocente, per quanto criticabile egli sia, è sempre inaccettabile».
Ma soprattutto, «se l’Italia verrà consegnata dal golpe finanziario in atto contro di noi, e da elettori sconsiderati e ignoranti, nelle mani del Partito Democratico, per noi sarà la fine», continua Barnard. «Sarà l’entrata trionfale a Roma dei carnefici del Neoliberismo più impietoso, sarà la calata della Shock Therapy su un popolo ignaro, cioè il saccheggio del bene comune più scientificamente organizzato di ogni tempo, quello che nell’Est europeo ha già mietuto più di 40 milioni di vite in due decadi, senza contare le sofferenze sociali inenarrabili che porta con sé. I volti di Mario Monti, di Massimo D’Alema, di Mario Draghi, di Romano Prodi, dell’infimo Bersani – Randall Wrayaggiunge Barnard – sono le maschere funebri di questa nazione», oggi rilanciati dal «cerimoniere» Napolitano.
«Mi rendo conto che i miei connazionali non hanno la più pallida idea di ciò che il centrosinistra italiano ha già inflitto al nostro Paese, di ciò che gli infliggerebbe se salisse al governo, ma soprattutto di chi li guida dietro le quinte», conclude Barnard. «Le eminenze grigie sono le élite Neoclassiche, Neomercantili e Neoliberiste, gente senza nessuna pietà». Accorato l’appello a Berlusconi: «Resista Presidente, affinché Lei possa usare il tempo che Le rimane per smascherare il “colpo di Stato finanziario” che sta travolgendo, fra gli altri, la nostra Italia. I mercati finanziari della “classe predatrice”, così ben descritta nella sua abiezione dall’americano James Galbraith, la odiano a morte, ci odiano a morte. Sia, Presidente, colui che piazza la mina nei cingoli della loro macchina infernale, rivelandone l’inganno chiamato Euro e Trattato di Lisbona. Gli italiani non lo faranno. Non ne sono capaci».

Francesco Di Reda
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domenica 27 novembre 2011

AMORUSO SBARCA A PARIGI CON L'ASSEMBLEA PARLAMENTARE DEL MEDITERRANEO

Fonte: Bisceglie TV

Il vicepresidente, on. Amoruso, guida la delegazione. Appuntamento anche a Torino per il forum sulla sostenibilità

Amoruso, Bisceglie, Parigi, Torino, sostenibilità, bisceglietv, APM, Assemblea, Parlamentare, MediterraneoUna delegazione dell'Assemblea Parlamentare del Mediterraneo (APM), guidata dal suo vicepresidente, sen. Francesco Amoruso, sarà impegnata in due missioni, la prima a Torino durante il forum internazionale sullo sviluppo sostenibile nel Mediterraneo organizzato in collaborazione con l’Unesco e poi a Parigi durante i lavori della Comitato sull’ambiente e l’agricoltura.

“Si tratta – afferma Amoruso – di appuntamenti importanti indicando da un lato l’importanza della cooperazione tra i Parlamenti sia europei che arabi nella tutela dell’ambiente e della sicurezza alimentare nel Mediterraneo, dall’altro il ruolo ormai sempre più rilevante a livello di credibilità e autorevolezza internazionali riconosciuto dalle maggiori organizzazioni internazionali del mondo all’APM, la quale può offrire un contributo significativo alla luce degli approfonditi lavori condotti nell’ultimo anno proprio sui temi al centro dei vertici di Torino e Parigi”.
Tre gli appuntamenti previsti: il 26 novembre alle 9.30 presso la Venaria Reale, nei pressi di Torino, l'intervento di apertura al forum sullo sviluppo sostenibile; domenica 27 la delegazione parteciperà ai lavori della Sottocommissione Energia dell’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa ad Alfortville, nei pressi di Parigi; infine lunedì 28 novembre interverrà presso la Commissione Ambiente, Agricoltura e Affari locali e regionali del Consiglio d’Europa sul tema, nella sede parigina del Consiglio d’Europa.

Francesco Di Reda
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domenica 13 novembre 2011

La «buona fede» del Professor Monti

Fonte: Tze-tze - Le notizie scelte dalla rete

Pare essersi conclusa l'avventura di Mister B. Questa anomalia tutta italiana, che ha tenuto in scacco il Paese e reso monolitico il dibattito politico per più di un quindicennio, sembra volgere al termine. L'interrogativo che sembra dominare le migliori menti della sinistra italica in questi giorni, ovvero se con Berlusconi sia effettivamente declinato anche il "berlusconismo", non ci appassiona affatto. Non tanto perché non vi siano ancora tracce nella società italiana di questo sottoprodotto culturale che ha fatto della sottomissione al potere e ai suoi codici più arcaici il suo carattere distintivo, quanto perché questo sembra aver fatto posto ad un dispositivo, culturale e politico, assai più insidioso.
Crediamo anzi che il passo indietro compiuto da Berlusconi sia da salutare con entusiasmo soprattutto per un motivo: perché toglie il velo, finalmente, su quali siano, in questo momento storico, le reali condizioni della politica.

Si potrebbe dire con una battuta, che il vero tema che dovrebbe interrogare i movimenti non sia semplicemente il Governo Tecnico, ma la nuova "tecnica del governo". Da lì si parte. Dal commissariamento, hard o soft che sia, della cosiddetta democrazia da parte delle grandi istituzioni finanziarie. La "tragedia greca" dimostra con estrema chiarezza che nonostante sia oramai impossibile il raggiungimento dell'obiettivo dichiarato e imposto da Bce, Commissione europea e Fmi, cioè scongiurare il default, il processo politico attivato permane, e continua a funzionare indisturbato.
La compressione dei diritti sociali, lo schiacciamento dei salari, la privatizzazione del pubblico, la sottomissione della residua sovranità statuale, sono in realtà le componenti più visibili di una nuova accumulazione originaria che sta edificando un nuovo ordine sociale e politico.

In questo particolare contesto, chiedersi se vi sia o meno "buona fede" nell'azione di un emissario della Goldman Sachs come il Professor Mario Monti, sfiora l'ingenuità quando non rischia di tradire la "cattiva fede" di chi pronuncia una simile frase. Tuttavia, non è affatto vero che tutto sia uguale a tutto: possono darsi, in questo processo che imbriglia le funzioni di governo - che stabilisce cioè ex ante contenuto e finalità delle misure in campo economico - mille variazioni sul tema. Ma, appunto, il "tema" rimane lo stesso e non è disponibile ad esser sottoposto ad alcuna "scelta" elettorale. Quella “scelta” ricorda da vicino la “libertà” degli operai della Fiat di rifiutare, con il referendum nelle fabbriche, il diktat di Marchionne.
Il dibattito che sta animando le forze politiche in questi giorni non riesce a superare questo stato di cose. Viste da questa prospettiva, le «ferree condizioni» poste da Vendola sul tavolo delle trattative sul post-Berlusconi, non sembrano altro che delle esili “foglie di fico”.
La più evidente è quella riferita alla proposta di patrimoniale: qui, è bene ricordarlo, non si tratta di una misura di natura redistributiva, ma di una diversa fonte per riversare denaro nelle banche private. Allora occorrerebbe rimettere la discussione sui suoi piedi, affermando con coraggio che il punto, in tema di macelleria sociale, non riguarda solo la tipologia di carne da spezzettare e neanche la “rispettabilità” e il curriculum del macellaio. Senza dire esplicitamente che gli italiani non devono ripagare il debito delle banche private (ciò che economisti come Krugman definiscono default selettivo o ristrutturazione del debito), non si esce dai confini stabiliti della lettera della Bce, e senza questo, non v’è alcun programma "alternativo". Delle due l’una.

Perché il problema non è il Governo Tecnico, né quello politico: il problema è la sua “missione”.
Esistono forze in grado di sovvertire il quadro, di produrre un mutamento radicale, di sovvertire la mission dei governi europei? I movimenti stanno faticosamente costruendo una nuova composizione dei segmenti sociali stritolati dalla crisi, ma questa non sembra ancora capace di qualificare efficacemente un rapporto di forza sociale e politico. In questo scenario il salto delle opposizioni nell’arena del governo assomiglia troppo ad un salto nel vuoto. Che è innanzitutto un vuoto di democrazia. Costruire l'alternativa alla dittatura della finanza, immaginare la democrazia dei beni comuni, farlo insieme al 99%: questa è la scommessa che abbiamo davanti.

Francesco Di Reda
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